Si è già affrontato in altri articoli il tema sull’arbitrato in materia di liti condominiali, constatando la piena applicabilità di detto istituto a tutte le controversie insorte in ambito condominiale (L’arbitrato-nel-condominio / Liti-condominiali:risparmia-tempo-e-denaro-con-l’arbitrato).
La devoluzione in arbitrato di dette controversie è infatti pienamente legittima giusto il principio di cui all’art. 1137 Codice Civile, che in pratica non pone una riserva giurisdizionale assoluta ed esclusiva in capo al Giudice Ordinario per la risoluzione delle liti condominiali; in più, dette controversie non sono nemmeno espressamente escluse dai casi contemplati dagli artt. 806 e 808 Codice di Procedura Civile, che disciplinano appunto l’arbitrato come forma di giustizia attraverso la stipula di un'apposita convenzione.
Proprio dall’art. 806 Codice Procedura Civile discende però un concetto che può limitare l’arbitrabilità delle liti ogniqualvolta l’oggetto del contenzioso riguardi i cosiddetti “diritti indisponibili”.
Da qui la decisione del Tribunale di Torino, che, con la sentenza 5051 del 09.10.2024, mutuata peraltro da precedenti orientamenti giurisprudenziali dello stesso tenore, stabilisce che le modifiche alle tabelle millesimali non possono essere decise da un Arbitro, in quanto appunto attinenti a diritti cosiddetti “indisponibili”.
Questi diritti (ad es. i diritti della personalità, i diritti familiari, quelli legati all’ordine pubblico) vengono esclusi dalle forme di giustizia privata in quanto, dovendo essere commisurati ad un interesse superiore rispetto a quello del loro titolare, risentono di una protezione maggiore da parte dell’Ordinamento giuridico.
Quindi, poiché andrebbero a ledere la sfera privata altrui, essi non possono essere oggetto di modifiche senza un attento vaglio di un Giudice, appositamente preposto alla tutela dei diritti di tutti, come quello investito dallo Stato.
In materia condominiale possono essere considerati indisponibili quei diritti che riguardano la proprietà delle parti comuni e che, in quanto attribuibili a più soggetti verso uno stesso bene, necessariamente devono essere contemperati con le esigenze dell’intera collettività, e non solo del singolo individuo.
In quest’ottica le tabelle millesimali possono essere viste come una vera e propria fonte normativa all’interno del Condominio, perché sanciscono criteri di proporzionalità ed oggettività inderogabili sull’esercizio dei diritti di ciascuno sui beni comuni.
Ed in questa accezione il Tribunale di Torino ha valutato la richiesta della loro revisione come una questione da non potersi gestire con un mezzo di giustizia alternativa.
Premesso che nel caso sottoposto al Tribunale di Torino esisteva nel regolamento condominiale la cosiddetta clausola compromissoria (secondo la quale ogni lite insorta all’interno del Condominio deve essere risolta con procedura arbitrale), si stabilisce in questo contesto che la controversia sulla modifica delle tabelle millesimali, in quanto attinente appunto a diritti indisponibili, non può essere deferita ad un organo arbitrale e rientra pertanto nella cognizione del Giudice Ordinario nonostante la presenza della clausola compromissoria e la potenziale obbligatorietà di risolvere i contenziosi sorti all'interno di quel Condominio davanti all’Arbitro.
Partendo quindi dall’assunto che non viene esclusa la legittimità della procedura arbitrale nelle liti condominiali, ma ne viene limitata l’applicabilità a quei casi in cui non è in gioco un interesse collettivo più ampio di quello portato dal singolo contendente, e dovendo necessariamente armonizzare le garanzie di una tutela sostanziale con le altrettanto rispettabili esigenze di una giustizia rapida ed efficace come quella fornita dall’arbitrato, è consigliabile confezionare a priori uno strumento in grado di risolvere i conflitti condominiali nella loro interezza, senza imprevisti.
E una buona clausola arbitrale, che tenga conto anche delle eccezioni e dei casi esclusi, è senz’altro un’ottima opportunità per salvaguardare il diritto sia di chi si assume leso nei propri interessi, sia di chi deve difendersi dall'azione.
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